martedì, settembre 25, 2007

Un'idea in comune con Luttazzi per Grillo

Dal suo blog: http://www.danieleluttazzi.it/node/309

"Scegli, Beppe! Magari nascesse ufficialmente il tuo partito! I tuoi spettacoli diventerebbero a tutti gli effetti dei comizi politici e nessuno dei tuoi fan dovrebbe più pagare il biglietto d'ingresso. Oooops!"


Dopo giorni di letture sul blog grilliano e di ascolto di spazzatura televisiva con le sue urla, voglio dargli merito di ver detto una cosa intelligente: cittadini italiani di ogni città o paese, partecipate ai CONSIGLI COMUNALI.
A differenza degli spettacoli di Grillo sono GRATIS, DIVERTENTI, E C'E' SEMPRE POSTO A SEDERE. Non c'è nessuna prevendita, in paesi normali c'è solo un vigile che assiste, ci potete portare anche i panini e le bibite da casa perchè usualmente non c'è nessun baretto aperto.

Informatevi su quando vengono convocati, sugli argomenti trattati e ascoltate i consiglieri comunali che argomentano le proprie tesi. Se avete idee migliori fermateli all'uscita e suggerite loro delle azioni che a vostro giudizio ritenente più intelligenti.

Penso che Grillo ora sia andato veramente fuori di testa, inizia a scriverei i suoi post con messaggi in codice, vuole impressionare chi lo legge, sembra Provenzano con i segreti scritti a mano sulla vecchia Bibbia. Come dice Andreotti, il potere logora chi non ce l'ha. E da alla testa chi lo vorrebbe toccare. Ma Grillo, ricordati, il potere puzza di merda. E il tuo blog puzza. Anche via web.

lunedì, settembre 24, 2007

Perchè nessuno si mobilita per la Birmania?

E' da qualche giorno che ci arrivano notizie sulla Birmania, su forme di protesta nei confronti del regime militare che da più di un decennio è al potere in quel paese.

Ma tranne qualche trafiletto di tanto in tanto, nessuno ne ha parlato in maniera sufficiente. Perchè?

Il nome di Aung San Suu Kyi non è poi tanto di moda. Si preferisce l'eroe Castro come icona rossa?

domenica, settembre 23, 2007

La consueta perla domenicale del Veltroni-pensiero

Mi chiedevo come mai non avesse ancora espresso il proprio pensiero domenicale, il caro Walter. Ma ecco che nella serata compare improvvisamente un lampo di limpidezza intellettuale che cambierà le sorti del nostro Paese.

Ecco a voi, che meraviglia!


«Mai più programma senza chiarezza»

«Il Pd nasce invece - conclude Veltroni - per dare gambe ad un programma di governo chiaro e non reticente, sulla base del quale costruire le necessarie alleanze. Mai più potremo presentarci ai cittadini senza questa chiarezza di proposta: non ci capirebbero e non ci seguirebbero»


Qui finisce il Veltroni-pensiero. Ma io dico: agli elettori del centro-sinistra che hanno votato questo grande Governo non basteranno per le prossime elezioni le 281 cartelle già scritte per le Politiche 2006? Ma il caro Walter perchè dovrà sforzarsi tanto quando basta andare sul bellissimo sito www.lafabbricadeprogramma.it ancora on-line e scaricarlo. Ma Walter lo sa? Perchè tanta fatica? Il titolo è "Per il bene dell'Italia". Dai su Walter, facci un giretto.

giovedì, settembre 20, 2007

Il più grande giornalista in assoluto



Con pacatezza ma grande lucidità la visione più intelligente che ho sentito sul "grillismo"

Iniziamo male...

Ritorno a lavoro come in un giorno di ordinario interismo.



Speravo in qualcosa di meglio, complimenti per l'azione del gol, ma così non va. Attenzione!

domenica, settembre 16, 2007

La perla domenicale del Veltroni-pensiero

"Dio ci scampi dall’idea di avere aree del Paese che o vengono dominate da chi ha vinto le elezioni o vanno in paralisi"

Ma fino ad oggi in che paese è vissuto?

giovedì, settembre 13, 2007

Io sto con Andrea Romano

Se la politica si lascia umiliare da Beppe Grillo

La nuova colonna infame travolge ogni distinzione, l'antipolitica trionfa, Grillo fa il suo mestiere

ANDREA ROMANO

Di fronte alle adunate del Vaffa-day di Beppe Grillo viene quasi nostalgia di Nanni Moretti e dei suoi girotondi. In fondo quei cinquantenni un po’ su di giri che si tenevano per mano, tutti fieri della propria superiorità morale, si limitavano a prendere di mira il pezzo di classe dirigente del centrosinistra a cui imputavano il ritorno di Berlusconi al potere. Oggi siamo alla colonna infame con una spolverata di Internet, che travolge ogni distinzione reclamando gogna e scudisciate per tutti coloro che osano pensare che la democrazia sia fatta di rappresentanza e di partiti.
È una curvatura nuova nell’uso pubblico dell’antipolitica, con l’organizzazione anche scenografica del qualunquismo e un ruolo di direzione sempre più marcato da parte della gente di spettacolo. Naturalmente nel mondo dello spettacolo ci si limita a fare il proprio mestiere, e c’è dunque chi riesce a capitalizzare le posizioni di visibilità che su questi temi ha saputo costruirsi negli anni.
Il problema, quello vero, è invece della politica italiana. La cui debolezza ha raggiunto abissi tali da rendere minacciose manifestazioni che in condizioni normali sarebbero valutate con il solo metro dell’efficacia teatrale. Perché l’Italia non è certo l’unico paese in cui si creda che in politica «è tutto un magna magna» o che il Parlamento sia prima di tutto il luogo del privilegio. Sono pensieri diffusi nelle opinioni pubbliche di ogni paese democratico, dove la libera circolazione delle idee permette anche al qualunquismo di avere una sua dignità. Ma solo in Italia, tra i grandi paesi europei, quelle espressioni dell’impotenza civile diventano parole d’ordine con cui fare seriamente i conti nel Palazzo.
L’antipolitica è un male antico del nostro paese, debole di istituzioni e nuovo all’educazione democratica, e negli ultimi quindici anni la sua recrudescenza è stata direttamente proporzionale alla debolezza di una politica che non ha più saputo uscire dalla crisi in cui è precipitata nel 1992.
Il paradosso è che tutti i diversi abitanti del Palazzo si sono resi conto del fenomeno, scegliendo di utilizzarlo per proprio tornaconto o di demonizzarlo senza grandi risultati. Tra i primi, Silvio Berlusconi è stato certamente il più abile nel trarre dall’antipolitica di massa il carburante della propria fortuna politica. Ancora oggi che può vantare una carriera parlamentare ultradecennale, invidiabile persino per molti dei famigerati «quadri di apparato» con cui ama polemizzare, il Cavaliere è molto attento a conservare la veste di impolitico che volle indossare al momento della discesa in campo. Ne conosce perfettamente il valore sul mercato del consenso e si guarda bene dal dismetterla prima del tempo. Ma anche nel centrosinistra l’antipolitica si è ricavata in questi anni una sua posizione di forza, nonostante la battaglia dichiarata e combattuta contro di essa – soprattutto da Massimo D’Alema – in nome del valore democratico del professionalismo politico e della rappresentanza di partito. Quella crociata non è andata lontano, per la somma di velleitarismi e incoerenze di varia natura, mentre il moralismo e il senso di superiorità antropologica che la sinistra post-comunista ha ereditato dal berlinguerismo sono rimasti ben piantati nel corpo dei suoi dirigenti.
È dunque una politica debole quella che si fa umiliare da Beppe Grillo, dal cupo calderone forcaiolo nel quale trovano spazio e risate perfino le accuse a Marco Biagi. Ma la responsabilità non va cercata nel senso comico di colui che fu un tempo un cabarettista di valore e che oggi somiglia a quella che Gramsci chiamava «la donnetta che costruisce stregonerie» a uso dei subalterni. In altre circostanze il Vaffaday sarebbe stato recensito nelle pagine dello spettacolo, probabilmente con qualche stroncatura. Oggi, in mancanza di quella politica autorevole perché forte delle sue convinzioni e delle sue responsabilità, l’antipolitica può permettersi anche quest’ultimo e spettacolare trionfo.

lunedì, settembre 03, 2007

Non sparo contro Adriano

Nonostante abbia commesso gravi errori, cose che io proprio non condivido, non mi sento di sparargli addosso come tutti fanno. Troppo semplice. E' in un grande momento di difficoltà. Riprenditi Imperatore. Io credo ancora in te.
FORZA ADRIANO

giovedì, agosto 30, 2007

Inizia il cammino

GRUPPO G

Inter
Psv Eindhoven
Cska Mosca
Fenerbahce

mercoledì, agosto 29, 2007

W Francesco

Per chi se l'avesse persa nei giorni scorsi, da corriere.it


De Gregori: amico di Walter, non lo voterò
Il cantautore: il modello Roma? Città bellissima non certo per merito suo. Alle primarie del Pd sosterrò la Bindi

Francesco De Gregori, tutti i giornali la arruolano sotto le bandiere di Walter Veltroni. È davvero così?
«È vero che sono amico di Veltroni, da tantissimi anni. Se mi metto a contarli, sono più di trenta. Ma essere arruolato mi dà un po' fastidio. Un conto sono gli amici, un conto i simpatizzanti ».
Lei non simpatizza?
«Mi piacerebbe fare il tifo per lui, se lo capissi. E finora non l'ho capito. Non sono molto d'accordo con certe cose che Veltroni dice e fa. Lui ha una grossa capacità di comunicare, di proporsi come elemento di novità. Ma quel che dice spesso è difficile da afferrare, da decifrare. Usa un linguaggio aperto a ogni soluzione, dice tutto e il contrario di tutto. Mostra una grande ansia di piacere, di essere appetibile a destra e a manca, che magari gli porterà molto consenso ma è poco utile a capire cosa sarà davvero il Partito democratico».
Lo sa che lei sta scendendo dal carro del vincitore?
«Mi rendo conto che accade di rado. Nel mondo della canzone, poi. Ma nel vincitore annunciato, ammesso che sia tale anche alla fine, non trovo una linea chiara. Sento un gran bel parlare, belle promesse, i riferimenti coltivati da sempre, Kennedy, don Milani, Olof Palme. Ma non riesco a ricondurlo a una chiara intenzione politica. E vedo che non sono l'unico ad avere questa difficoltà».
Che cosa in particolare non la convince nel suo linguaggio? «Questo appellarsi di continuo al sogno, a un mondo migliore, ora vedo pure all'amore. Per carità, come si può essere in disaccordo, meglio basarsi sull'amore che sull'odio. Ma viviamo in un paese pieno di problemi. Buttare tutto sui sentimenti, cancellare le differenze, non significa dare risposte operative alle questioni di oggi».
Veltroni in campo rappresenta comunque una novità.
«Veltroni si presenta come un uomo nuovo, ma lo è fino a un certo punto. Veltroni è uomo navigato. Ha percorso abilmente la politica italiana degli ultimi trent'anni. Ora la sua candidatura è stata avanzata e sostenuta da poteri forti e consolidati, sempre gli stessi degli ultimi decenni. Non è l'homo novus tanto atteso. Mi convince poco anche questo clima di aspettativa, per cui tutti a dire che Veltroni è una risorsa, che Veltroni è l'uomo della Provvidenza... Non è scontato che sia il più adatto a fare voltar pagina al Paese; così come non dovrebbe essere così scontata la sua vittoria».
È un buon sindaco di Roma, no?
«Tutti parlano di modello Roma. Ma Roma mi pare sempre più una città che cerca di nascondere lo sporco sotto il tappeto. I grandi problemi di una grande città — traffico, sicurezza, legalità — sembrano più spesso elusi, che affrontati e risolti. Va da sé che Roma è bellissima, da San Pietro al Colosseo; ma certo non è merito di Veltroni».
De Gregori, le sue parole non passeranno inosservate. Lei è considerato uno degli artisti da sempre più vicini a Veltroni.
«Gli voglio un bene dell'anima. Abbiamo pranzato, cenato, siamo andati insieme in vacanza, sono stato suo testimone di nozze. Però non abbiamo mai parlato di politica. Anche quando dirigeva l'Unità e ogni tanto mi chiedeva un articolo, io glielo mandavo, lui mi diceva se gli era piaciuto o no, ma non c'è mai stata interferenza reciproca, né lui si è mai sognato di chiedermi consigli. Io lo prendevo un po' in giro per la storia dell'Africa: "Guarda Walter che non ci crede nessuno". Lui teneva il punto: "Ti dico che vado in Africa!". Almeno su questo, per ora ho avuto ragione io».
Dubita della sincerità con cui si vota alle varie cause?
«No. Veltroni magari è sincero. Ma la sincerità dei politici non ci deve riguardare. Appartiene solo alla loro coscienza. Ci riguarda la loro capacità. Quel che dicono, quel che fanno. E Veltroni risponde solo di quello che fa. Roma è raffigurata come il fantabosco. Non è così. La cultura è migliorata; ma la cultura è una ciliegina sulla torta. Non si fa una torta solo con le ciliegine, e non se ne parla parlando solo di ciliegine ».
Vede anche pericoli per Veltroni?
«Lui sa coltivare la sua immagine. Ha una grande potenza mediatica. Molti giornali fanno il tifo per lui. Proprio per questo, dovrebbe guardarsi dalla sovraesposizione ipertrofica. Deve stare attento ai veltroniani. Perché a volte i veltroniani sono controproducenti».
Chi sono i veltroniani?
«I Bettini, le Melandri, quando partono lancia in resta contro i nemici. "Chi attacca Walter semina veleni...". Ma dai! La ragazza deve stare attenta prima di parlare. E poi i Tardelli... Come si fa a essere contro Tardelli, il vincitore del Mundial? Ma l'Italia oggi è un paese sbandato, che ha bisogno di ricette meno spettacolari e più amare. E non so se Veltroni sia in grado di proporle. Al Lingotto non l'ha fatto. Forse lo farà da qui al 14 ottobre. Me lo auguro, perché l'idea del Partito democratico non è affatto male. La parola è bella, affascinante; ma non ci si può limitare alla scorza. La si deve riempire di contenuti, perché la gente vada a votare».
Quindi il progetto del Partito democratico la interessa?
«Sì. Mi auguro che le primarie abbiano successo. Che il nuovo partito ci porti fuori dalla politica stagnante di questi anni, non dia risposte ma ponga domande, conquisti credibilità, sappia chiedere sacrifici. Che stia lontano dalle paludi e dai pascoli consociativi, e nello stesso tempo stia lontano da una sinistra fondamentalista, sempre più decrepita e deprimente».
Lei voterà alle primarie?
«Credo di sì. E penso che voterò per Rosy Bindi, che mi sembra la vera novità di tutta questa storia. Dà l'impressione di essere più propositiva, più incisiva, più dirimente, più chiara. Più disposta a rischiare l'impopolarità. Più in grado di farsi dei nemici. Perché abbiamo bisogno di un leader che sappia farsi anche nemici, non solo amici».
Mi perdoni la malizia: non è che voi amici della prima ora siete un po' ingelositi dagli scrittori, dagli sportivi e da tutti questi ammiratori arrivati dopo, con cui Veltroni ha molto legato?
«Lei mi fa un torto intellettuale se pensa che possa essere geloso della Melandri o di Tardelli ».

Aldo Cazzullo

martedì, agosto 28, 2007

Lavavetri

A fine agosto i sindaci italiani scoprono che nelle città ci sono numerosi lavavetri? Possibile che sia questa l'emergenza più sentita? Ma sanno lor signori che siamo in Italia?

Ecco il Veltroni-pensiero: "Ci vuole un'armonizzazione delle norme nazionali [..] vanno rivisti gli ambiti normativi e le figure di reato e previste sanzioni, senza benefici specie per il racket che sfrutta la prostituzione".

Più passano i giorni, più Veltroni mi eccita! Vai Walter, W De Gregori!

lunedì, agosto 27, 2007

L'ultimo Re di Scozia

Voto 8

Il potere affascina tutti, porta l'uomo all'estremo della propria forza, della propria libertà mentale, a volte, o forse sempre, ci fa fare cose che non vorremmo mai aver fatto. Qualcuno poi riesce a cambiare la situazione, qualcuno si arrende al potere dopo aver lottato, qualcuno non lotta nemmeno, non tenta, qualcuno scappa.

Il potere cambia gli uomini, occorre che ognuno di noi provi a crearsi la propria corazza per resistere alle tentazioni che inevitablmente si hanno.

Questo film va visto perchè è un esempio raro di cinema che alla fine della visione costringe a non spegnere la tv, a continuare ad ascolatere la musica durante i titoli di coda per ricavarsi ancora del tempo per continuare a riflettere.

lunedì, agosto 20, 2007

Manifestazione per Mohamed Hegazi

Sto organizzando una manifestazione di sostegno per Mohamed Hegazi.

Il luogo da me pensato è il Veneto!

Chi volesse contribuire mi contatti.

Appello per Mohamed Hegazi

da corriere.it di lunedì 20 agosto 2007

Il giovane chiede il riconoscimento del cambio di fede sui documenti

«Mi sono convertito e lo rivendico»

L’egiziano Hegazi rischia la morte

Cristiano da nove anni, rompe un tabù in un Paese dove i copti sono milioni. Ma una fatwa ora lo condanna come apostata.
Mohamed Hegazi, egiziano, si è convertito al cristianesimo. Vuole ufficializzare la sua fede ma una fatwa islamica lo condanna a morte. Autorità e Chiesa tacciono.
Adottiamo Mohamed Hegazi come simbolo della libertà religiosa in Medio Oriente. Venticinque anni, nato musulmano, convertito al cristianesimo nove anni fa e sposato con una convertita, ha chiesto alle autorità egiziane di vedere registrata la loro nuova religione sulla carta d’identità per assicurare che il loro figliolo, che sta per nascere, veda la luce come cristiano. Ma si è scatenata l’ira degli estremisti islamici che l’hanno tacciato di apostasia e ingiunto allo Stato di attuare la condanna a morte avallata da una fatwa, un responso giuridico, dell’Università islamica di Al Azhar. Ciò avviene in un Paese sostenuto massicciamente dall’Occidente perché considerato moderato e in cui i cristiani sono circa 10 milioni. E non si tratta di ripetere l'operazione che nella primavera del 2006 portò al rilascio e all'espatrio del convertito afghano Abdul Rahman, che ha ottenuto asilo in Italia. I cristiani in Medio Oriente sono la popolazione autoctona e deve essere garantito loro e a tutti, compresi i convertiti, il diritto alla piena libertà religiosa a casa loro.
Il caso è esploso dopo che Suad Saleh, preside della Facoltà di studi islamici e arabi dell’Università islamica di Al Azhar, ha legittimato con una fatwa la condanna a morte di Hegazi perché non si è limitato a convertirsi ma «ha detto pubblicamente di essersi convertito al cristianesimo e si è perfino fatto fotografare insieme alla moglie con in mano il Vangelo ». La logica è la seguente: se ti converti e ti nascondi nelle catacombe potresti avere salva la vita, ma se hai la «sfrontatezza» di annunciarlo pubblicamente e magari con il sorriso in bocca, a testimonianza della profondità della tua fede e della gioia con cui la vivi, allora devi essere ucciso. Il quotidiano governativo Al Messa riferisce di un sondaggio secondo cui tutti gli ulema, i giureconsulti islamici, d’Egitto sono unanimi nella «necessità di condannare amorte l’apostata». Il caso è stato proposto anche al Grande Mufti Ali Gomaa che, in un’intervista al Washington Post, ha risposto in modo assai ambiguo: «La scelta significa la libertà e la libertà include la libertà di commettere dei gravi peccati fintantoché non arrechino un danno agli altri». A suo avviso chi si converte dall’islam a un’altra religione non commette un «grave peccato», tranne nel caso in cui la conversione costituisce una minaccia per la società. E sembra proprio che per gli estremisti islamici manifestare pubblicamente la gioia della fede in Cristo sia un pericolo da sanzionare con la morte.
«Ricevo delle minacce di morte sul mio cellulare. Ogni volta che cambio il numero dei fanatici riescono a ottenerlo, mi chiamano e mi preannunciano che mi faranno fuori», ha raccontato Hegazi a Le Figaro. «Il pericolo non viene solo dagli estremisti, un qualsiasi cittadino potrebbe uccidermi agendo di sua testa, nella convinzione di servire l'islam». Hegazi, che è stato il rappresentante del movimento di opposizione «Kifaya » (Basta!) a Port Said, vive ora in clandestinità insieme alla famiglia. Il suocero ha auspicato che la giustizia obblighi la moglie a divorziare e che «mi venga restituita anche morta». Contemporaneamente due esponenti dell’Organizzazione dei cristiani del Medio Oriente, Adel Fawzi e Peter Ezzat, considerati gli ispiratori della conversione di Hegazi, sono stati arrestati per «attentato all’islam» e «sedizione religiosa». Il tutto avviene in un contesto dove regna la paura. Il Centro Al Kadima per i diritti dell’uomo, ha ritirato la denuncia che era stata depositata la scorsa settimana per sostenere la causa di Hegazi, motivandola con «l’assenza del certificato di conversione della Chiesa». E la Chiesa locale? Tace. Un silenzio assordante per il timore di inasprire il conflitto con un regime che ha di fatto abdicato al clero islamico radicale rimettendo nelle sue mani il controllo degli affari sociali che s’intrecciano con una religione sempre più invasiva.
Proprio perché l’Egitto è il nostro dirimpettaio che ostenta fama di tolleranza e di moderazione, mi auguro che l’Italia non resti a guardare. Auspico che il capo dello Stato Napolitano lanci un vibrante appello al presidente egiziano Mubarak affinché assumaun gesto significativo, ricevendo Hegazi e riconoscendogli pubblicamente pari dignità come cittadino e testimoniando il rispetto della libertà religiosa. Auspico che il presidente del Consiglio Prodi chieda garanzie al governo egiziano sulla tutela della vita di Hegazi, chiarendo che per l’Italia il rispetto della libertà religiosa è un parametro fondamentale per definire la realtà e lo sviluppo dei rapporti bilaterali e multilaterali. Auspico che le università italiane (La Sapienza di Roma, il Pontificio Istituto Orientale di Roma, l’Orientale di Napoli, la Bocconi di Milano, l’Iuav di Venezia) che il 15 giugno 2005 hanno sottoscritto un accordo di cooperazione con l’Università islamica di Al Azhar, con la benedizione del nostro ministero degli Esteri, recedano dall’iniziativa dopo aver avuto l’ennesima conferma che i suoi più alti vertici hanno legittimato il terrorismo suicida palestinese e il massacro anche delle donne e dei bambini israeliani, nonché l’uccisione dei musulmani convertiti al cristianesimo. Auspico tutto ciò per i cristiani d’Egitto ma anche per noi. Perché se volteremo le spalle a chi, alle porte di casa nostra, viola la sacralità della vita, la dignità della persona e la libertà di scelta, significa che abbiamo abdicato ai valori che corrispondono al fulcro della comune civiltà dell'uomo. www.corriere.it/allam

Magdi Allam

Il libro che sto leggendo

Adios di Toni Capuozzo





Il mio viaggio attraverso i sogni perduti di una generazione

Mondadori - anno 2007 - pag. 181 - Euro 16,50

lunedì, agosto 13, 2007

«A fine legislatura Romano lascia la politica»

Da www.corriere.it dei oggi lunedì 13 agosto 2007:

«Questa sarà l'ultima esperienza politica di Romano, che ora sta semplicemente cercando di finire quanto ha iniziato». In un'intervista al settimanale Diva e Donna, in edicola martedì, la moglie del presidente del Consiglio, Flavia Prodi, in villeggiatura con figli e nipotini nella villa toscana di Roccamare, rivela che il marito «ha messo questa volta un termine alla sua attività che è, salvo sorprese, la fine di questa legislatura».


Io aggiungo molto serenamente: ERA ORA, SARA' MEGLIO PER L'ITALIA CHE SI OCCOPI SOLO DEI SUOI NIPOTINI

martedì, agosto 07, 2007

Un pensiero..

Un martedì di agosto può sembrare il giorno più banale, un giorno come tanti e forse così è.

La settimana scorsa ho visitato la Calabria per qualche giorno, mi sono riposato, divertito, rilassato. Ho scoperto alcune cose che per anni non ho considerato, ho fatto pensieri che mai fino ad ora avevo formulato o che forse ho sempre avuto in testa.

Ma quando si scopre, o meglio, si intuisce una verità oltre la quale non ci si può recare, non resta altro che dimenticare il pensiero e guardare altrove.

Occorre solo avere forza e fiducia in se stessi..

lunedì, luglio 30, 2007

Dopo due anni

Caro blog,

scusami, è da due anni che non ti sono più venuto a far visita, sarai arrabbiato con me.

Ne è passata di acqua sotto i ponti, come si dice di solito. Tanto cose avrei da raccontarti, ma in fondo io e te ci siamo sempre capiti al volo. Sarà così ancora. Lo spero.

Ora posso dirlo, sono tornato, carico finalmente.

Inizia da qui il secondo tempo..